La figura leggendaria del superlatitante Matteo Messina Denaro chiude l’edizione digitale di Trame, alla presenza di Gaetano Savatteri e Lirio Abbate.

U siccu”, ultimo libro-inchiesta del primo direttore artistico del festival dei libri sulle mafie a Lamezia Terme, ripercorre la storia dell’unico boss corleonese rimasto libero.

Trapanese di nascita, figlio di latitante, Denaro è cresciuto sulle gambe di Totò Riina che lo ha reso uno dei più spietati stragisti e custode dei suoi segreti.

“Tutti i documenti di Riina sono oggi in mano a lui – dice Abbate – portati via dalla villa di via Bernini a Palermo. Quello che è riuscito a prelevare da lì gli ha consentito di guadagnare il vantaggio che lo rende ufficialmente introvabile dal 1993”.

Di lui non conosciamo la voce, il volto e le impronte digitali. Nel libro è presente l’unico verbale giudiziario esistente del boss. 

“L’aurea di leggenda che lo avvolge – prosegue Abbate nel racconto – lo vorrebbe come un moderno Peter Pan, che ruba allo Stato per dare ai poveri. La realtà però è totalmente diversa. Il latitante non conosce generosità neppure verso i suoi. Si è anzi affrancato da ogni padrinaggio per proseguire da solo”. Scomparendo, apparentemente, nel nulla.

 Nessuno, tra chi gli è stato affianco ed è stato arrestato, ha mai pensato di tradirlo.

Quello che sappiamo sicuramente è che ha abbandonato i panni del sanguinario e posato le sue lupare, intravedendo altrove nuove forme di ricchezza e potere. 

Oggi incarna il volto della mafia moderna: invisibile, sommersa, affarista. 

“Possiede una forza economica enorme che gli consente di inquinare la democrazia e l’economia legale drogando una fetta di mercato, e di approfittare della pandemia in corso. E’ più pericoloso di quanto non lo fosse nel 1992” – denuncia Abbate.

Ma chi contribuisce a garantirgli ancora sicurezza e protezione?

“Anche la ‘Ndrangheta. Messina Denaro ha fatto più volte scalo a Lamezia da Pisa e ha avuto contatti con l’organizzazione criminale calabrese”.

“Sono sicuro che verrà arrestato – conclude il giornalista d’inchiesta – per decretare la fine dello scandalo di questa latitanza e la supremazia dello Stato e della giustizia”.

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