L’incontro con la giornalista Emanuela Iatì e l’autore di “Salutiamo, amico” Gianfranco Turano, nella terza giornata di TrameXtra, ci catapulta nella Reggio Calabria del 1970.

All’indomani dell’istituzione delle regioni italiane, si pone il problema di decretare le città capoluogo. Per la Calabria viene scelta Catanzaro. 

La parte più estrema della regione reagisce con una guerra urbana. Seguono sette mesi di guerra civile che farà 17 morti. Una pagina buia della storia d’Italia, fatta passare come un evento locale. 

La guerriglia si esaurisce con il Pacchetto Colombo, che destinerà alla provincia di Reggio Calabria due mila miliardi di lire di allora, il più colossale caso di spreco di fondi pubblici in Italia.

Quest’anno per la prima volta il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha ricordato i morti di Gioia Tauro definendoli “vittime di una strage” e non di un incidente, come si era cercato di far credere.

“L’episodio fu nascosto da un cono d’ombra fin dall’inizio – dice Turano – la Rai, monopolista assoluta della televisione, decise di non mostrare una realtà in cui democristiani si scontravano con altri democristiani o madri di famiglia, professori e insegnanti ergevano barricate contro le cariche della Celere e dei Carabinieri. Il Washington Post parlò di quindici mila rappresentanti di forze dell’ordine a Reggio. Nell’aria solo l’odore dei lacrimogeni, l’arma usata per contrastare i dimostranti. Ma il resto d’Italia di questo non sapeva nulla”.

La rivolta popolare e spontanea cominciò a tingersi di nero attraverso alcuni gruppi di destra che assunsero il controllo strategico delle operazioni militari.

Nel febbraio del ’71 furono persino inviati i carrarmati, ma anche in questo caso la notizia trapelò in ritardo e nel disinteresse generale.

Nel 1970 arrivava un vento di novità dal nord che investiva tutti gli strati della società e che riguardava in particolare i giovani, ora riconosciuti come categoria, e le donne, intese come titolari di una propria identità politica. Sono gli anni delle lotte femminili e delle guerre di emancipazione combattute in casa. Ma anche quelli in cui la ‘ndrangheta diventa quello che noi oggi sappiamo essere.

Con i moti di Reggio Calabria infatti si crea una saldatura con politica, massoneria e imprenditoria. Nasce la Santa, quella doppia affiliazione che ha sancito l’evoluzione di un’organizzazione criminale altrimenti frutto di arretratezza.

“L’obiettivo era la gestione del Pacchetto Colombo, del quinto centro siderurgico a Gioia Tauro e del decreto Regio. Ognuno dei nuclei del potere verrà accontentato. Tra i tanti danni collaterali, oltre allo spreco economico e ai danni ambientali, c’è la spaccatura della Calabria, che nel 1970 aveva perso l’occasione di diventare una regione unita. Quello spingere sul sentimento capitalistico e sulla lotta tra le tre maggiori città (Reggio, Catanzaro e Cosenza) – dice Turano – ha prodotto danni che pesano anche dopo cinquanta anni. Non si è voluto che la Calabria diventasse un soggetto politico capace, seppur con le sue difficoltà, i suoi limiti e le sue marginalità”.

“La settorialità è forse stata utile allo stesso Stato, che ha contribuito a renderla crocevia di interessi loschi e a trasformarla nella culla del malaffare. 

E in questo senso, la Calabria continua a essere un laboratorio per la politica” –  concordano la giornalista e lo scrittore.

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